Nell'epoca terziaria la parte settentrionale della Puglia era sommersa dal Mar Adriatico. Ad emergere era soltanto il Promontorio Garganico, che formava un tutt'uno con le Isole Tremiti e Pianosa. In seguito, forse a causa di un cataclisma o per l'azione erosiva del mare, le isole si distaccarono dal resto del Gargano, conservandone, però, le stesse caratteristiche: le cale, le caverne e persino la flora. In principio, probabilmente, le Tremiti costituivano un'unica isola, mentre successivi cataclismi la suddivisero nell'attuale arcipelago. A sostenere quest'ipotesi vi sono le testimonianze di diversi scrittori dell'antichità. Furono abitate sin dal neolitico.

Il loro antico nome era "Insulae Diomedeae", dall'eroe greco Diomede, che qui approdò e vi trovò sepoltura (figlio di Tideo, re dell'Etolia, e di Deifile, figlia di Adrasto, re di Argo. Dopo la morte di quest'ultimo, Diomede ebbe la signoria di Argo e diventò re dell'Etolia. Egli fu reputato dai Greci il più forte ed il più valoroso in battaglia. Partecipò alla guerra di Troia, che vinse con arte ed astuzia mirabili. Dopo l'eccidio compiuto nella città, da lui rasa al suolo, tornò in patria, adoperando come zavorra della sua nave le pietre delle mura troiane. Al suo ritorno, però, scoprì l'adulterio della moglie Egialea e fuggì con la sua flotta in Occidente. Durante una tempesta nel mar Adriatico le sue navi si ritrovarono casualmente presso le isole Tremiti). Subito dopo la sua morte, gli Illirici occuparono l'arcipelago e ne cacciarono gli abitanti. Le anime di questi, allora, furono tramutate da Venere in uccelli per fare la guardia al sepolcro del loro re ("diomedee", rari volatili di mare della famiglia delle procellarie che nidificano sui calcari di S. Domino).

Qui, nell'8 d. C., morì esule Giulia, nipote di Augusto; Carlo Magno vi mandò in esilio Paolo Diacono, che riuscì a fuggire. Il nome "Tremitis" compare per la prima volta nella cartografia medievale. Contrastanti le versioni: alcuni studiosi ritengono che il nome deriva dal "terremoto" (Tremetus o Trimerus) da cui avrebbero avuto origine le isole e che le allontanò definitivamente dal continente garganico, mentre altri studiosi affermano, invece, che l'arcipelago delle Tremiti anticamente era composto di una sola isola ed un solo monte, mentre successivamente si ebbero tre isole e quindi "Tre Monti". Nel corso dell'XI secolo l'Abbazia di Tremiti visse un periodo di vero splendore, aumentando significativamente i propri possedimenti in terraferma.

L'importanza assunta generò tensioni con l'Abbazia di Montecassino da cui i monaci tremitesi rivendicavano l'indipendenza. L'autonomia ed il potere segnarono l'inizio di una decadenza morale e materiale dell'ordine e nel 1237 il Cardinale Raniero da Viterbo incaricò il Vescovo di Termoli di sostituire l'ordine dei Benedettini con quello dei Cistercensi del Monastero di Casanova presso Parma, che trasformarono l'Abbazia in fortezza. Le frequenti incursioni dei pirati slavi portarono nel 1334 alla completa scomparsa dell'ordine ed alla distruzione di gran parte del complesso monastico. I pirati dalmati di Almissa riuscirono ad entrare nella abbazia-fortezza grazie ad uno stratagemma: finsero che il loro capo fosse morto e chiesero per lui una sepoltura sull'isola. La sua bara venne portata in spalle nella chiesa di S. Nicola dai pirati slavi disarmati ma, durante la funzione sacra, la bara si aprì e ne venne fuori il capo dei pirati con le spade per i suoi uomini.

Nessun frate cistercense venne risparmiato e l'isola rimase disabitata per decine di anni. In seguito all'eccidio dei monaci Cistercensi, diversi ordini religiosi rifiutarono di trasferirsi a Tremiti fin quando, dopo molte pressioni, nel 1412 Papa Gregorio XII inviò una congregazione di canonici Lateranensi. Il complesso monastico fu completato e fortificato e, nell'agosto del 1567, resistette all'attacco di 150 navi turche. Il declino delle fortune dei monaci tremitesi determinò, nel 1674, con l'assenso del pontefice Clemente X, la vendita dell'intero monastero da parte dei Padri Superiori Lateranensi di Roma ai Padri Celestini per pagare i debiti. Questa proposta incontrò l'opposizione della Regia Camera.

Durante il periodo borbonico, il Re di Napoli Carlo III di Borbone espresse pesanti riserve sulle proprietà dei Lateranensi a Tremiti e, in special modo, per la Fortezza, della quale i monaci dovevano considerarsi solo custodi. Ferdinando IV, successo a Carlo III, nel 1782 soppresse l'Abbazia, incamerando i beni nel Regio Demanio. Nel 1792 istituì a Tremiti una colonia penale che rimase attiva fino al 1926. Nel periodo napoleonico l'arcipelago fu occupato dai murattiani che si trincerarono all'interno della fortezza di San Nicola resistendo validamente agli assalti di una flotta inglese. Di questi attacchi sono visibili ancora oggi i buchi delle palle di cannone inglesi sulla facciata dell'abbazia.

Nel 1843 re Ferdinando II delle Due Sicilie, con lo scopo di popolare le isole, vi deportò delinquenti comuni dei bassifondi napoletani. Nel 1911 furono confinati alle Tremiti circa milletrecento libici che si opponevano all'occupazione coloniale italiana, che morirono di tifo petecchiale. Nel 1987 Muammar Gheddafi dichiarò che, a suo avviso, le Tremiti erano libiche, in quanto abitate dai discendenti dei libici qui deportati dal 1911 al 1943. L'affermazione spinse alcuni giornali a parlare di pretese territoriali sull'arcipelago da parte di Tripoli. Nel 1932 l'arcipelago è diventato autonomo. Nel periodo fascista ospitò il futuro presidente della Repubblica Italiana Sandro Pertini al confino.

Stefania Maffeo